Il primo giro di giostra dell’Amministrazione Denuzzo si è connotato per l’incalzante volontà di assegnare ai privati alcuni beni e strutture pubbliche rilevanti per Francavilla Fontana. Un’idea politica molto lontana da logiche appartenenti alla sinistra più tradizionale, che nel “fritto misto politico” denuzziano si sono invece piegate alle necessità dell’estenuante ricerca di una soluzione al problema della gestione dell’immobile pubblico di turno. Come gestire Palazzetto, villa comunale, campi di calcetto, stadio comunale, cimitero?
L’argomentazione a favore della tesi che privato è bello ed efficiente si sintetizza nell’impossibilità che l’Ente locale possa sostenere i costi di gestione delle strutture: questione che non fa una grinza se non fosse che nessuno ha mai chiesto di fare chiarezza sul punto, bilancio comunale e numeri alla mano. Non si fa invece riferimento alla capacità – o meno – della macchina amministrativa nel rendere quelle strutture vive e fruibili: sarà anche questo un tema sotteso fra le righe? Una gestione pubblica di beni comunali importanti come ad esempio il Palazzetto, così come accade in una vasta quantità di altre città limitrofe, a Francavilla non ce la possiamo proprio permettere? Stando alle azioni e dichiarazioni dei nostri amministratori, evidentemente no.
E sia pure: diamo in gestione ai privati i beni pubblici, risparmiamo denari e pensieri, e che siano associazioni e imprese a occuparsene. Qualcuno si è chiesto però se lo stiamo facendo bene? E se la qualità e la quantità dei servizi prevista nei contratti già stipulati è pertinente e adeguata? E se l’accesso a quelle strutture tutela anche l’interesse pubblico e la partecipazione democratica all’uso da parte dei soggetti che ne avrebbero diritto, con quell’equilibrio che dovrebbe essere regola per i beni pubblici che appartengono a tutta la comunità?
Proprio nei giorni scorsi sono state revocate le concessioni di due beni pubblici di rilievo. Uno, estremamente importante e simbolico, è il Centro di carico intermodale: assegnato tramite bando e con un’istruttoria durata otto mesi per un unico soggetto partecipante, si è appena appreso che la società aggiudicataria ha rinunciato all’affidamento dell’immobile. “A seguito di ponderata valutazione – avrebbe comunicato l’azienda in una lettera indirizzata al Comune di Francavilla -, in relazione all’entità dell’investimento da effettuare per il recupero funzionale della struttura e della durata massima prevista per la locazione, non intende dar seguito alla sottoscrizione del relativo contratto, manifestando contestualmente il proprio interesse per la struttura in vista di soluzione alternative che l’Amministrazione comunale vorrà valutare”.
Se da un lato è apprezzabile e doveroso il tentativo di dare nuova vita all’Interporto, monumento francavillese allo spreco di denaro pubblico, sarebbe interessante approfondire le eventuali ragioni che hanno mandato deserto il primo bando del 2021 e portato al ritiro dell’impresa aggiudicataria in questo secondo bando del 2022. Sarebbe inoltre di estremo interesse pubblico conoscere cosa è accaduto nel mezzo dell’iter burocratico e nelle consultazioni fra le parti. E che qualcuno illuminasse i francavillesi sulle condizioni reali della struttura, per scoprire magari che di ragioni concrete per non prendere in affidamento quell’immobile non ce ne siano davvero ed è solo un caso o il destino avverso. Chissà.
Destino travagliato anche per il bando che ha assegnato il Palazzetto dello Sport: quel bando è stato oggetto di rilievi da parte dell’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ne ha contestato alcuni aspetti formali. E per la burocrazia la formalità è sostanza. Lasciamo stare poi le critiche aspre verso la prima Amministrazione Denuzzo da parte della maggiore società di basket cittadina. E da parte del Partito Democratico, allora opposizione e oggi chiamato a dare seguito a quelle sue idee in merito al Palazzetto, in quanto forza di maggioranza relativa. Intanto una targa al benemerito professore Gino Camarda – che è anche benemerito presidente onorario della suddetta maggiore società di basket cittadina – forse ricomporrà le parti in nome di un volemose bene. O forse no. Chissà.
Altra “privatizzazione”, altra storia: per la gestione della villa comunale erano di ampio respiro i progetti presentati in risposta a un bando del giugno 2021. Le tre società francavillesi aggiudicatarie di quel bando, riunite in un’associazione temporanea di imprese, si erano impegnate per 15 anni a pagare un canone di locazione pari a 14mila euro l’anno, assumendosi la responsabilità degli interventi di manutenzione straordinaria delle strutture date in uso, i servizi di custodia e vigilanza, la manutenzione e la gestione del verde pubblico. E ancora, l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo di persone fragili, l’individuazione di un dog park, la creazione di un bar con laboratori artigianali di pasticceria e gelateria, l’organizzazione di circa 65 attività e spettacoli durante l’anno. E ancora, la manutenzione straordinaria della ringhiera perimetrale del parco cittadino, dei cancelli di accesso, delle giostrine, la ristrutturazione dei bagni, l’installazione della videosorveglianza e un ampliamento dell’orario di apertura per ulteriori 12 ore settimanali.
Intanto due delle tre società presenti in quell’associazione temporanea di imprese hanno scelto di defilarsi e i lavori sono partiti almeno dopo un anno: “Visto il ritardo, abbiamo prima diffidato l’associazione di imprese al fine di ottenere la firma del contratto, avvenuta circa due mesi fa – raccontava il Sindaco Denuzzo nel giugno 2022 -, e di recente per l’immediata esecuzione delle opere e l’immediata assunzione di tutti gli altri impegni stabiliti nel contratto. Per primo continuo a credere nell’enorme potenzialità della villa comunale e dell’utilizzo produttivo dei due luoghi dati in concessione, l’anfiteatro e l’ex casa del custode”. Resta da sperare che tutti questi propositi si realizzino e che intanto qualcuno stia monitorando l’esecuzione del progetto presentato, sia mai sfugga qualcosa. Chissà.
E il campo di calcetto in via Carlo Alberto della Chiesa? Dopo un anno si apprende che l’aggiudicatario non ha presentato i documenti necessari per procedere alla firma del contratto. Sollecitata nel febbraio scorso, solo qualche giorno fa – dopo quasi sei mesi – il Comune ha revocato la concessione. Un anno di tempo in cui quel bene è rimasto chiuso e inutilizzato, dopo essere stato recuperato anni fa con fondi legati a progetti di inclusione per la legalità. Anche qui, si riuscirà a riaprire quella struttura, almeno per offrire un ulteriore spazio di gioco ai ragazzini del quartiere San Lorenzo? Non fa parte anche quel campetto della riqualificazione urbana e umana della zona? Chissà.
Questi sono solo alcuni esempi in cui la sfortuna, e solo la sfortuna, ha messo il bastone fra le ruote del piano quinquennale di “privatizzazioni” messo in opera dalla prima Amministrazione Denuzzo. E contro la sfortuna di rimedi ce ne potrebbero essere diversi: dall’iconico bagno antijella del conterraneo Lino Banfi a una struggente analisi interna sulla bontà di questo percorso politico-amministrativo verso le privatizzazioni. Più abbordabile e pratico il primo, faticosissima la seconda. Chissà.
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