Mi sono imbattuto in una espressione che non sentivo più da tempo e che perciò avevo quasi dimenticato: a usu ca…, che vuol dire “come se” e introduce una comparativa ipotetica: “šta cchiánci a usu ca l’è mmuèrtu ncunn’unu” – “sta piangendo come se fosse morta una persona a lui cara”.
Riflettendoci su, però, ho mentalmente passato in rassegna altri modi con cui il nostro dialetto esprime il “come se” e, finora, ne ho trovati ancora quattro, non escludendo che ve ne possano essere altri, oltre al più comune “comu ci” (“è ccomu ci no ll’hani cu iddu” – “è come se non ce l’avessi con lui”).
C’è bbonanò ca… che è la locuzione più strana, in quanto dovrebbe significare letteralmente “buona nuova”, buona notizia e davvero con fatica rimanda a “come se”; però noi la usiamo proprio in tal senso: “è rrispittatu bbonanò ca è llu sínnucu” – “è rispettato come se fosse il sindaco”.
C’è poi facca che è composto da fa = fai e cca=che e che perciò vuol dire fai che, considera che e quindi “come se”: “è rriàtu puntuàli, facca teni l’orològgiu an capu” – “è arrivato puntualmente, come se avesse l’orologio in testa”.
C’è ancora comu nna cosa ca… che è intuitivamente abbinabile al “come se”: “šta šcama la jatta, comu nna cosa ca voli mmáncia” – “la gatta miagola come se volesse mangiare”.
Infine c’è mancu ci… che, oltre ad altri significati, vuol dire “nemmeno”, “come se”: “mancu ci era lu Papa ti Roma” – “nemmeno fosse, come se fosse il Papa di Roma”.
Questa pluralità di espressioni per uno stesso significato, sta a dimostrare, se mai ce ne fosse bisogno, la ricchezza e la varietà del nostro dialetto.
Lingua Nostra è una rubrica a cura del Preside Enzo Garganese: leggi tutte le uscite.
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