Spiegare la guerra ai bambini e alle bambine è un po’ come spiegare il profumo dell’armadio della nonna che ti rimane impresso a vita. Come fai a spiegarlo se non lo hai mai sentito? Sentire è il verbo che può guidare l’adulto nella ricerca della risposta alla domanda “Perché si fa la guerra?”. Tanto più se a porgerla sono dei bambini e delle bambine ad adulti che si stanno affrettando a riconquistare pezzi di vita scombinati da due anni di pandemia.
Ancor di più se questi bambini e queste bambine in questi ultimi due anni hanno sentito parlare di pandemia come fosse una guerra, per poi vedere realmente la guerra in tv e in internet, stavolta un po’ più vicina a casa propria. Infine scoprire che tra pandemia e guerra “qualche” differenza c’è: entrambe ugualmente devastanti ed entrambe diversamente sconvolgenti.
Evitare che loro assistano a ciò cha sta accadendo è impossibile. Proteggerli a tutti i costi non si può. Ciò che si può fare è scegliere come poterli sostenere. Premettendo che non esiste la ricetta perfetta per affrontare il tema della guerra, si può ricorrere ad alcune strategie a cui potersi ispirare per essere di supporto.
1. Innanzitutto fare i conti con il proprio sentire: come ci si sente da adulti di fronte alla violenza e alle ingiustizie della guerra? Un primo passo da compiere, dunque, è verso se stessi per accogliere anche le emozioni spiacevoli suscitate dagli avvenimenti drammatici.
2. Trovare il tempo e lo spazio per ascoltare bambini e bambine per offrire loro la possibilità di esprimersi, ascoltare domande, idee, riflessioni rispetto a ciò che già conoscono della guerra. Se è un tema che è già stato trattato a scuola, comprendere in che modo per agganciarsi a ciò che l’insegnante ha raccontato e garantire coerenza d’insieme nel sistema di conoscenze che il bambino si sta costruendo.
3. Utilizzare un linguaggio appropriato all’età del bambino mentre si parla dell’argomento. Non usare parole troppo difficili, scegliere con cautela i termini da usare piuttosto che censurare, non lasciarli soli ad assistere ad immagini violente che scorrono in tv.
4. Per la prima infanzia può essere d’aiuto ricorrere a storie o filastrocche. Ad esempio si potrebbe proporre una fiaba come “La Strabomba” di Mario Lodi (tratta dal libro “Favole di pace”) o “Promemoria” di Gianni Rodari, validi canali attraverso cui far veicolare la comunicazione.
5. Per i più grandi è possibile agganciarsi all’uso dei videogames e laddove non è possibile proteggerli, accogliere le loro domande, le loro emozioni e i loro pensieri. Soprattutto con gli adolescenti è opportuno non contraddire ciò che affermano, anche se la loro posizione è opposta alla propria. Dare loro la possibilità di comunicare ciò che pensano equivale ad avere una finestra sul loro mondo e quindi una possibilità di entrarci anche solo per “restare sull’uscio” in attesa della loro autorizzazione ad entrare. Ricordiamoci che non è un gioco di potere tra chi ha ragione e chi ha torto. In tal caso significherebbe giocare a fare la guerra, invece l’obiettivo è promuovere la costruzione di un dialogo sull’esperienza vissuta.
6. Lasciare spazio all’espressione delle emozioni e dei sentimenti. Assistere ad immagini violente, di distruzione può provocare reazioni di pianto nei bambini e nelle bambine, in questo caso è importante che l’adulto accolga e faccia sentire il bambino/la bambina al sicuro e non giudicato. Il dolore e la compassione sono emozioni e sentimenti, al pari della gioia e della gratitudine, hanno una funzione per l’essere umano, sono naturali reazioni di fronte alle ingiustizie; la loro manifestazione è un modo per far fronte alla paura, alla tristezza e all’angoscia. Da adulti si è pronti a fare esperienza della paura, della tristezza, della angoscia?
7. Far conoscere al bambino/alla bambina in quanti modi le persone di tutto il mondo si stanno adoperando per aiutare e per salvare le persone, vittime della guerra e che ognuno può dare il proprio contributo. Così facendo si può sollecitare in loro la curiosità rispetto a come poter essere d’aiuto anche nel proprio piccolo.
La parola chiave nascosta tra le righe che accomuna tutti i punti in elenco è relazione. La risposta è nella relazione intesa come spazio in cui si crea un clima di accoglienza in cui il bambino o l’adolescente può sentirsi protetto, non giudicato e legittimato per le emozioni che esprime anche quando esse diventano angoscianti e spiacevoli.
Quando si costruisce una buona relazione è possibile affrontare qualsiasi argomento se entrambe le persone sono concordi. Un adulto con un atteggiamento propositivo può sostenere un bambino/una bambina nella crescita per divenire un cittadino del mondo. In fondo siamo già ciò che diventeremo.
Per concludere ho scelto un estratto di Fritz Perls “L’ASCOLTARE contro il COMBATTERE”. Gli individui che ascoltano non combattono, e quelli che combattono non ascoltano. (…) Ciò si applica tanto ai nostri conflitti interni quanto alla situazione mondiale in generale. Ma come aprire gli orecchi e gli occhi al mondo? Io considero il mio lavoro come un piccolo contributo alla risoluzione di quel problema che potrebbe contenere la possibilità della sopravvivenza dell’umanità” (Fritz Perls, Canada 1969, prefazione per “Gestalt Therapy” (PHG)
Alice Dirella, psicologa del Tangram Studio di Psicologia – Francavilla
Iscriviti al canale Telegram di PAESITUOI.NEWS
Resta aggiornato sulle notizie locali cliccando “Mi piace” sulla pagina Facebook di PAESITUOI.NEWS https://www.facebook.com/paesituoinews
Invia le tue segnalazioni tramite MESSENGER — WHATSAPP — EMAIL
Invia i tuoi comunicati stampa all’email redazione@paesituoi.news