Mi sono imbattuto in un significato, per me sorprendente, della parola LOPA. La lopa indica voracità insaziabile, quella della Lupa di dantesca memoria (ed ha natura sì malvagia e ria/ che mai non empie la bramosa voglia/ e dopo il pasto ha più fame che pria) e con questa accezione noi la conosciamo e la usiamo: cce llopa ca puèrti! – che fame che hai!
Ma nel nostro dialetto, accanto a questo significato, lopa ha anche quello di “arcobaleno”. Ne ho trovato traccia negli scritti di Rosario Jurlaro (Fami e famìgghia) e riscontro nel dizionario del Rohlfs.
La Lopa indica voracità insaziabile ma ha anche il significato di “arcobaleno”: qual è la relazione?
Che relazione c’è tra la fame e l’arcobaleno? Mi vengono in soccorso, come molto spesso mi accade, i classici latini.
Era credenza latina (cras pluit, arcus bibit, e cf. Plauto, Curc. 1,2; Virgilio, Georg. 1,380; Properzio 3,5,32) che l’arcobaleno bevesse avidamente l’acqua di terra e di mare e la restituisse sotto forma di pioggia. Nella tradizione giudaico-cristiana, al contrario, l’arcobaleno preannuncia bel tempo per la promessa che Dio fece a Noè.
Comunque anche in questo caso l’arcobaleno esaurisce, bevendola, tutta la pioggia e fa risplendere il sole, grazie alla sua fame d’acqua, grazie alla sua LOPA!
Lingua Nostra è una rubrica a cura del Preside Enzo Garganese
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