Lingua Nostra: LU CARRU | A cura del Preside Enzo Garganese

Attraverso l'uso dei suffissi e dei prefissi possiamo modificare il significato primario di una parola o, addirittura, ricavare altre parole che assumono significati diversi: un esempio è "carru".

Da non perdere

Il nuovo Podcast

Sottosopra, il Podcast di Paesituoi.News – Puntata 02

Sottosopra è il Podcast di Paesituoi.News: i fatti, i retroscena, il sopra e il sotto dalla città di Francavilla Fontana: questa è la seconda puntata del 27 gennaio 2023.

Uno dei più comuni strumenti di cui ci si serve per formare le parole è, come è noto, l’utilizzo di suffissi e prefissi. Attraverso la suffissazione e la prefissazione possiamo modificare il significato primario di una parola o, addirittura, ricavare altre parole che assumono significati diversi, pur mantenendo un rapporto di “familiarità” con la la parola d’origine.

Carru (lat. carrus), ad esempio, è parola che designa il carro a due ruote e al plurale (li carri) il quartiere di Francavilla. Aggiungiamo al nome il suffisso verbale frequentativo – isciari (lat. -idiare, it. -eggiare) e otteniamo carisciári, che vuol dire “trasportare col carro” o semplicemente “trasportare”. Se sostituiamo la desinenza verbale -ari con il suff. diminutivo -ola (lat. -eolus , it. -olo), otteniamo il nome deverbale carisciòla, che è il sentiero di campagna segnato dalle ruote dei carri, non solo, ma è anche la pista lasciata nel terreno dal frequente calpestìo (li furmículi hannu fattu la carisciòla) o anche la scia lasciata dalla perdita di materiale solido o liquido (la menza ti l’acqua s’è filata e è lassatu la carisciòla).

da “CarrU” abbiamo ottenuto, a grappolo, una intera famiglia di parole con l’aiuto dei suffissi

E ancora, se a carru applichiamo il suffisso diminutivo-vezzeggiativo -ittella, abbiamo carrittèlla, il carretto a due ruote trainato a braccia, ma se cambiamo suffisso e aggiungiamo -ozza (lat. medievale -otia) ecco che vien fuori carrozza e da carrozza , tramite -ina e -edda , carruzzina, che è il passeggino per neonati, e carruzzedda, che è quel rudimentale veicolo costruito in economia con assi di legno e cuscinetti a sfera, con cui si divertivano molti ragazzini di tanti, tanti anni fa.

Infine c’è carrizza, ottenuta da carr(u) + -izza, suffisso qualitativo-imitativo (lat. -icius) ; la carrizza, infatti, non è propriamente un carro, ma una botte fissata su un carro per il trasporto di acqua, di vino o addirittura di liquami (la carrizza ti lu rummátu).

Come ben si vede, da carru abbiamo ottenuto, a grappolo, una intera famiglia di parole con l’aiuto di comunissimi elementi suffissali. Termino con carrara o carrera, parole che, col suff. strumentale -era (lat. -aria) indicano la strada percorsa dai carri e, in generale, la strada. Pigghia’ carrera significa “imboccare la strada, andar via” e a carrera vuol dire “di corsa, in fretta”, come dice Nniccu Furcedda a conclusione della sua farsa.

Lingua Nostra è una rubrica a cura del Preside Enzo Garganese

Ultimi Articoli