In che cosa si realizzi la santità, se in questo indotto ossequio per un sentimento finalizzato a questa settimana e non oltre durante il corso di un intero anno, o in questo rapporto stretto con le chiese che osserviamo particolarmente diverse e predisposte ad un momento più unico che raro, o se in questo tempo grigio, austero, eppure lacrimoso, come il salice che prestò le proprie chiome al Signore nel massimo della prostrazione a cui un uomo può essere sottoposto e Lui fu sottoposto, perciò chiamato “salice piangente”, se in questo, o in quello o in quell’altro io non lo so, tuttavia deve pur essere santa questa settimana.
Perché santa? Santo è il ritrovo di più persone che pur appartenendo alla stessa comunità non si conoscono ma in uno spazio ristretto e raccolto possono lasciarsi andare ad emozioni comuni e dalle quali rifuggiamo per istinto perché riconducibili al dolore, alla mancanza.
Santo è il tragitto che compiamo per ritrovarci diversi nel rientro a casa. Santa è la meraviglia dei bambini che si sono seduti ai gradini dell’altare laterale della chiesa dei Padri Liguorini ascoltando assorti e con espressione spiazzata sotto le volute dorate degli archi, delle colonne, dei soffitti dove un giorno ci entreranno cresciuti o non ci entreranno più.
Questi ricordi indelebili con i luoghi della terra in cui siamo nati sono santi e ci prostrano nei giorni della settimana santa in cui li raggiungiamo pellegrini come i pappamusci portandoci alla riflessione e a chiederci “Possiamo essere felici qua?”
Il Diario della Settimana Santa di Francavilla Fontana è a cura di Ritanna Attanasi.