Ogni periodo dell’anno ha il suo profumo, Pasqua ha quello delle fresie gialle. Bulbi silenziosi interrati mesi prima, germogliano ed esplodono di colore e profumo. In Masseria è così. La primavera porta a termine il silenzio dell’inverno. Il sole cambia inclinazione e resta in nostra compagnia più a lungo. La Luna piena successiva all’equinozio di primavera segna la rinascita.
La frenesia dell’epoca moderna ha travolto e allontanato molti ricordi delle tradizioni che hanno caratterizzato il tempo dell’attesa, non siamo più allenati ad osservare i cambiamenti, ogni giorno è uguale all’altro e Pasqua arriva solo per essere festeggiata senza più un perché. L’ovvio impera.
Eppure, se ci si soffermasse solo qualche istante a riflettere, sarebbe subito palese quanto questa festa ci segni anche a livello spirituale. Il sacro e il profano che inevitabilmente continuano ad intrecciarsi nel corso del tempo.
Nei racconti dei nonni viene più volte rimarcato il silenzio e il digiuno, la lentezza dello scorrere dei giorni. I tamburelli e gli organetti riposti nell’armadio, la grattugia appesa alla parete. Non si suona, non si balla. Si mangia poco, il minimo indispensabile.
E questo sacrificio, questa rinuncia, dava un senso all’attesa, alla speranza che il tempo trascorresse e ci fosse nuova luce, un periodo migliore. E quando con infinita pazienza i quaranta giorni volgono al termine, ricominciano i profumi vivi della cucina, le frisedde fatte con la ricetta segreta della nonna, li pitichedde con il gileppo della zia, la palomma con l’uovo sodo, infinite uova cucinate in ogni modo. I bambini che non aspettano altro che deliziarsi con i dolci.
Il risveglio in cucina, il risveglio in natura.
Il risveglio delle coscienze.
In Masseria si respira questo, dall’aria stantia di un inverno di morte al profumo dei fiori della primavera di ricchezza e auspicio di prosperità.
E la voglia di vivere, rinascere, parte da un salto dell’anima accompagnato dalla musica che ricomincia, con gli organetti, le castagnette, i tamburi e i violini che nella sera del Sabato Santo nella tradizionale festa de “lu cantu allu ueu” annunciano che Cristo è risorto.
E noi con lui.
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