Da un po’ di tempo ormai la Puglia è meta di vacanze per numerosi turisti da tutto il mondo. Una terra feconda, di una bellezza inimitabile, quasi un’estate perenne. Fauna autoctona e flora esclusiva caratterizzano il territorio tra colline e pianure che portano dritte giù alle acque cristalline. Il tacco dello stivale è un paradiso unico.
Cari miei turisti, come darvi torto? Io che da questa terra non riesco ad allontanarmi neppure per un giorno, neppure per una vacanza altrove! È più forte di me, lontana da qui sto male anche fisicamente, come se mi mancasse l’aria e perdessi il mio ritmo biologico.
Ne sono follemente innamorata e sono fortunata perché oltre a nascerci, ho avuto la possibilità di restarci, ho scelto di restarci, di trascorrere qui la mia vita grazie anche all’azienda di famiglia che mi permette di avere il mio impiego, di continuare a coltivare questa terra, a migliorarla. Ma in tanti non hanno avuto questa possibilità e sono costretti a dover migrare altrove per seguire i propri sogni, per lavorare e poter vivere, a volte sopravvivere. Combattuti tra scelte e costrizioni.
Molti di loro, miei amici, mi hanno dimostrato che nonostante tutto, nonostante la distanza, si può continuare ad amare la propria terra anche da lontano.
Ho avuto il piacere di conoscere Pamela Barba, fotografa indipendente che si occupa di fotografia sociale, documentaristica, di inchieste e didattica, che tra i tanti progetti dedicati alla nostra Puglia, lei, nativa di Ceglie Messapica, ha appena prodotto il foto-documentario È arrivato l’autunno, racconto degli effetti di Xylella Fastidiosa sulla comunità pugliese, edito da Giazira scritture, e presenterà il suo lavoro giovedì 5 maggio 2022 alle ore 18.30 presso la sala conferenze del Castello Ducale di Ceglie Messapica.
La Xylella sta alla Puglia come il sale su una ferita: il batterio killer secca gli ulivi, li ammazza, li distrugge. Brucia, arroventa, trasforma in cenere, elimina tutto, riduce a brandelli la vita di alberi centenari, millenari. Alberi che hanno visto battaglie, guerre, hanno vissuto stagioni secche, aride ma anche alluvioni, disastri. Ogni corteccia squamosa potrebbe raccontare di giornate lunghe e soleggiate alternate a quelle grigie e uggiose; potrebbe raccontare la trasformazione di questa terra, l’avanzamento, il miglioramento ed ora, invece, il declino.
Scendere giù in Salento, oggi, è come passeggiare in un cimitero. Nonostante il sole alto e caldo, tutto è grigio, funereo. Il tempo si è fermato e del verde vivo delle foglie d’ulivo resta solo il ricordo. Non è facile respirare, l’aria è rarefatta, immobile.
L’ albero d’ulivo è il simbolo di questa splendida regione, occupa circa il 32% del territorio, e il suo disseccamento porta ingenti danni ambientali, economici, morali, cancella un pezzo importante di storia.
Pamela ci ha voluto vedere meglio, capire, studiare e conoscere. Ha inforcato la sua macchina fotografica ed ha passeggiato tra i luoghi disastrati, ha incontrato gli olivicoltori di vecchia e nuova generazione, i frantoiani, i tecnici e i periti agrari, ha cercato di mettere un po’ di ordine tra le numerose informazioni discordanti che dal 2013 assillano i pugliesi e non solo.
Cara Pamela, ritrovarti è un infinito piacere. Dopo averti conosciuta grazie al tuo progetto “oro nero” dove contempli la bellezza del lavoro dei pescatori e dei frutti del nostro mare Tarantino, sono contenta di ritornare a parlare con te della nostra terra, anche se l’argomento non affatto piacevole. La Xylella è un flagello per noi pugliesi e c’è tanto da dire. Cosa hai pensato quando hai deciso di dedicarti a questo foto-documentario, e qual è stato il momento che ti ha portata a produrre questo lavoro?
Nel 2010 mi sono trasferita in Lombardia dalla mia terra. Negli anni ho maturato una maggiore consapevolezza fotografica che mi ha indotta a scegliere in particolar modo l’ambito sociale e reportagistico. Nel 2013 esplode il caso Xylella come un fulmine a ciel sereno, si innescano dinamiche poco piacevoli e da quel momento, a distanza, ho sempre analizzato le notizie che mi giungevano. Quello che poi ha attirato la mia attenzione è stata la mancanza di un racconto che rispecchiasse gli stati d’animo dei protagonisti, che facesse luce sul lato umano e non solo su quello tecnico scientifico. In fin dei conti, oltre al paesaggio, Xylella ha stravolto la vita di molte persone di qualsiasi categoria. Ho reputato che fosse doveroso essere portatrice di un lavoro corale in cui ognuno potesse raccontare la sua verità senza accavallare ruoli o congetture, senza filtri. Inoltre avevo bisogno di trovare alcune risposte e, oltre a queste ultime, ho fatto piacevoli e a volte impietose scoperte.
Abbiamo perso tanto, tantissimo tempo nello studio della situazione, nel non prendere i giusti provvedimenti. Possiamo ritrovare le cause nell’abbandono, da parte di tanti contadini, dei propri terreni, nell’informazione manipolata, nelle infinite parole dette e nella confusione creatasi, nella volontà di coloro che difendevano i propri alberi, mossi principalmente dall’affetto emotivo e che si opponevano all’eradicazione, in chi sull’onda della problematica ha trovato terreno fertile per propaganda e ritorni personali. Alla luce di ciò che visto c’è una coscienza che più di altre è responsabile di non aver svolto il proprio dovere sociale e non aver fatto il possibile per risolvere o, quanto meno, tamponare il problema?
In un modo o nell’altro, ognuno ha responsabilità e meriti. Sicuramente il ruolo di negazionisti e della politica ha trascinato questa storia in un vortice di confusione e decisioni insensate. Ma le responsabilità sono opinabili a posteriori. Credo che agli inizi nessuno poteva esattamente sapere quale fosse la verità inconfutabile e la strada da seguire. Tutti erano sbalorditi! Xylella era un’incognita!
Per la copertina del tuo libro hai scelto un disegno in bianco e nero, credo a carboncino, di un gigante ormai spento e il titolo è scritto in rosso, a ricordare la tempera usata per segnalare gli alberi infetti da abbattere. “È arrivato l’autunno”, perché? Cosa hai provato nel passeggiare tra i terreni dello scempio, dove tutto ormai è stato divorato dalla Xylella e ritorna ai nostri occhi sotto forma di natura carbonizzata?
La tua descrizione è molto bella. Il titolo parte da un aneddoto del mio compagno di viaggio Franco, che ricorda di quando da bambino la maestra spiegava l’evolversi delle stagioni e lui trovava difficoltà nel disegnare le foglie secche poiché vivendo in campagna tra gli ulivi sempreverdi e le calendule in fiore l’autunno era vita e non prepararsi al silenzioso inverno. Ora con la Xylella l’autunno è arrivato per davvero. Passeggiare? Impotenza, sconforto, rassegnazione, rabbia proprio gli stessi sentimenti dei protagonisti.
Hai incontrato gli occhi di contadini disperati, combattuti tra l’amore e la passione per il loro lavoro e la necessità di trovare una soluzione a questa catastrofe. Qual è stato l’incontro che ti ha segnato di più durante questo reportage?
Ogni incontro mi ha segnata in egual modo. Di ognuna delle persone incrociate lungo questo viaggio, ricordo perfettamente parole ed espressioni. E man mano che mettevo assieme il puzzle, ricostruivo nella mia testa tutti questi anni come se fosse un libro mai scritto, distaccandomi dalle notizie che avevo letto, le informazioni che avevo raccolto in precedenza.
Un momento che mai potrò dimenticare, durante il quale davvero tutti i sensi si sono amplificati, è l’abbattimento che descrivo così: “Quando un albero viene squarciato dalla ruspa, il legno emana un profumo inconfondibile e il rosso della terra invade il campo. La sofferenza sale al tonfo di ogni tronco”. Ed è una sofferenza per tutti i presenti: tecnici Arif, eventuali negazionisti, operai, proprietario, forze dell’ordine. Nessuno viene risparmiato.
Se dovessi dare un consiglio ai pugliesi, soprattutto agli olivicoltori, per cercare di salvare il salvabile, cosa diresti?
Comprate il libro! Scherzo!
Questa domanda mi mette in difficoltà, sai. Perché in cuore mio ho un brutto presentimento: perderemo il nostro patrimonio lentamente. Il popolo pugliese deve unirsi per tutelare e salvare quello che è possibile, le parti dovrebbero essere coese e collaborare. Purtroppo rimarrà un’utopia: la comunità è troppo frammentata e non c’è un adeguato dialogo tra enti, istituzioni, contadini, imprenditori e associazioni di categoria. Tranne alcune eccezioni, c’è un profondo disinteresse nel voler risanare il territorio e rinascere.
Pamela, ti ringrazio infinitamente per il tempo dedicato a me e ai nostri lettori. Non nascondo che questa tua ultima risposta fa molta paura perché è una consapevolezza che molti di noi tengono nascosta nel più profondo dei meandri della nostra mente poiché non vogliamo crederci, a stento accettiamo che possa succedere questo.
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Ma la speranza è l’ultima a morire, credo che molti di noi faranno tutto il possibile per salvare il nostro patrimonio, dopodiché non ci resta che affidarci a Madre Natura.
Pamela presenterà il suo lavoro giovedì 5 maggio 2022 alle ore 18.30 presso la sala conferenze del Castello Ducale di Ceglie Messapica, nella sua città natale. Vi invitiamo a partecipare per approfondire e prendere coscienza di quanto è accaduto e ancora accade.
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