La parola CARNEVALE pare derivare dalla locuzione “carnem levare”, cioè abolire l’uso della carne durante le Ceneri, dopo un periodo di bagordi e di eccessi qual è quello carnevalesco.
Per quanto discutibile e poco convincente, questo è l’etimo più accreditato presso la generalità dei glottologi. Tuttavia alcuni studiosi ne propongono un altro, che , sotto il profilo fonematico e semantico , può essere forse più persuasivo del primo.
Il “Carrus navalis” era un elemento essenziale del culto orientale di Iside. La dea, alla fine dell’inverno, veniva tolta dal suo tempio, posta su un carro e portata in mare su una nave, affinché cercasse e trovasse le parti smembrate del corpo del fratello-marito Osiride, che così risuscitava. Era ovviamente un rito propiziatorio che inaugurava la nuova stagione della navigazione.
Sappiamo dalle fonti latine (Ovidio e Apuleio) che, quando giunse a Roma, il culto di Iside si arricchì di un corteo mascherato che gioiosamente seguiva il il “carrus navalis” mentre veniva portato verso il Tevere per essere collocato su una imbarcazione; questa poi proseguiva verso il mare con chiaro intento augurale e di protezione dei naviganti, tanto più che il rito si svolgeva subito dopo l’equinozio di primavera. La festa fu poi cristianizzata e in molte parti Iside fu sostituita da Maria, madre di Cristo, non a caso chiamata Stella maris , protettrice dei marinai, e non a caso accompagnata su un carro verso il porto, in diverse città europee, e quindi collocata su un’imbarcazione e portata in processione sul mare.
Dunque, “carrus navalis” spiegherebbe meglio alcune cose: innanzitutto spiegherebbe il nome di Carnevale o Carnavale, più facilmente ricavabile da Car(rus) navali(s) che non da “carnem levare”; spiegherebbe ancora il motivo per cui i carri allegorici accompagnano i festeggiamenti e, infine, la ragione per cui i carnevali più famosi si celebrano in città marinare o fluviali (Venezia, Viareggio, Rio ecc.).
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