Come in ogni percorso di vita, che sia umana, lavorativa o artistica, numerose fasi creano quella che è la propria storia, la propria identità. È il 2016 quando, dopo una lunga storia musicale alle spalle con il nome di Lova, dopo tanti cambiamenti, gli anni che scorrono, le novità della vita di ognuno, i progetti da realizzare minati dagli imprevisti, gli artisti Di Coste, Garramone e Palazzo rimettono in piedi una “nuova formazione”, tre accordi in croce e sentimento, come direbbero loro. The Klaudia Call.
Un nuovo progetto, un nuovo disco che prende lo stesso nome della band, l’originale copertina realizzata appositamente dall’amico Dino Clavica che continua a essere presente nei nostri cuori, la nascita di nuove tradizioni, come i live natalizi presso il Circo Della Farfalla, un modo per rivivere attimi emozionanti di quella che era l’adolescenza degli anni Novanta e per rincontrare anche gli amici emigrati al nord presenti in zona per le vacanze. Una sorta di “ritorno al passato”, quel passato ricco di musica, di nuove esperienze e di ricerca, di crescita, di evoluzione.
Gli anni Novanta dei Millennial, dell’alternative rock, della musica indipendente. Che poi, può mai essere la musica oggetto di monopolio quando, invece, è una delle più alte forme di comunicazione libera?
La band non ha mai lasciato la propria terra (se non in rare occasioni); ogni progetto, ogni lavoro di registrazione, è stato svolto in Puglia, nel Brindisino in particolar modo, guidati dagli amici Amerigo Verardi che è anche uno degli artisti preferiti della nostra band nonché direttore artistico della ‘Nos Records’ il quale ha favorito il “matrimonio” con il gruppo, e Nanni Surace il cui studio di registrazione è stata la casa dei Lova e, quindi dei Klaudia Call.
La loro identità è ben definita; durante l’ascolto, fin da subito, si riconoscono le sonorità di basso, chitarra e batteria che creano uno stile musicale originale, un rock indie autentico, lontano dalle etichette delle multinazionali, fedele all’idea di libertà, di assenza di vincoli, pulito, che scorre prendendosi tutto il suo tempo e restare poi nei suoi spazi, apprezzato da chi lo ascolta per la prima volta, conservato con infiniti affetto e stima da chi, ormai da anni, riconosce e segue il gruppo, dai Lova ad oggi.
L’impegno e la grinta portano la band a numerosi live, tra il 2017, il 2018 e il 2019, manifestazioni, numerosi locali, centri culturali, tutti chiedono di ospitare la nuova realtà musicale dei Klaudia Call.
Poi il 2020, la pandemia, il blocco totale, in tante realtà la distruzione, inutile dire che questa esperienza abbia modificato tutto e tutti. Eppure, la musica è rimasta; l’ancora di salvezza della nostra identità, anche culturale.
Finalmente maggio 2023, il 19 per l’esattezza, una settimana fa, dopo tanta attesa, tanti post sui social che creavano suspense per la nascita di un nuovo progetto, ecco “Zodiaco”, il primo singolo del nuovo album dal titolo “Fine del giorno” che avremo modo di avere tra le nostre mani il prossimo autunno.
Chiediamo ai nostri tre eterni ragazzi di dedicarci un po’ di tempo e rispondere a qualche domanda ricca di curiosità e voglia di condivisone, di comprendere quel tanto che basta ad apprezzare un lavoro originale e lasciare celato dietro al mistero qualcosa che renda pur sempre prezioso il binomio di musica e parole che è l’essenza, fondamentale mezzo per produrre un’opera che vada ricordata nel tempo.
Per chi non vi conosce, vogliamo ricordare da dove nasce il nome della band?
(Di Coste) Mah, il nome è nato per gioco dopo aver chiuso l’avventura LOVA (o meglio accantonata perché i Lova esistono ancora in tutti noi); avevamo bisogno di un nome nuovo e giocando e scherzando è venuta fuori questa storpiatura del nome di Claudia Koll l’attrice, prendendo in giro noi e anche un po’ quelle band che hanno tutti questi nomi un po’ così.
Nuovo progetto, Nuova etichetta. Quanto siete soddisfatti di questo? Della fiducia che Nos Records Label vi ha riconosciuto, di quanto ha creduto nel vostro lavoro?
(Di Coste) Lo definirei un incontro tra amici, siamo stati subito entusiasti di questa possibilità soprattutto perché coinvolgeva persone, come Amerigo, Mimmo e Marco, che conosciamo e stimiamo da tempo.
(Garramone) È un enorme stimolo per noi collaborare con Nos Records. Persone e musicisti che stimiamo da sempre ci chiamano a bordo di una splendida barca. Che cosa vorreste di più?
Che rapporto avete con le etichette musicali? È così difficile essere prodotti? Rispetto agli anni ’90 lo è di più o di meno? L’avvento della musica digitale, della possibilità di utilizzare Spotify, YouTube, quanto ha influito nel rapporto con le etichette?
(Di Coste) La Nos si occupa soprattutto di ufficio stampa, contatti e organizzazioni varie per quanto riguarda produzione sia artistica che esecutiva, è sempre una autoproduzione. Il web ha facilitato tutto sicuramente ma, essendo appunto così facile arrivare ovunque, in alcuni casi c’è meno scrematura.
(Palazzo) È cambiato tutto tranne la nostra voglia di fare musica. Adesso potenzialmente può essere più facile perché ogni cosa è a portata di mano, come ha detto Francesco, quando abbiamo iniziato, non c’era ancora internet e le sue infinite possibilità e allora bisognava sgomitare per farsi notare. C’erano etichette e testate specializzate che ‘scremavano’ e sceglievano gli artisti più meritevoli e talentuosi mentre oggi chiunque può proporsi indipendentemente dalla bontà del progetto ed avere esposizione mediatica con un click.
Concentriamoci sul punto principale di questa intervista. “Fine del giorno”. Lo spartiacque tra doveri lavorativi e tempo di dedicarsi agli affetti, alle passioni. Perché l’album avete scelto di chiamarlo così?
(Palazzo) Mi piaceva il ‘suono’ della frase che rappresenta bene l’atmosfera delle canzoni perché è stato scritto durante notti insonni e ci incontriamo per provare appunto alla fine del giorno.
Come fate ad organizzarvi per incontrarvi e suonare? È’ facile che avvenga? Riuscite a conciliare lavoro, famiglia e band?
(Di Coste) Non quanto vorremmo, risulta difficile per via di turni, orari di lavoro e impegni vari ma lo facciamo dal 1995 e siamo felici di riuscire sempre a trovare il tempo per la nostra passione.
(Palazzo) Adesso rispetto a quando eravamo pischelli e alleggeriti dalle responsabilità della vita adulta, è più difficile ma non impossibile, altrimenti non saremmo qui a parlare con te. Da ragazzo hai tempo e orizzonti infiniti, ora cerchiamo di mettere a frutto il tempo concesso con disciplina e intensità per essere all’altezza dei nostri sogni musicali che sono rimasti gli stessi.
Quante tracce potremo ascoltare quando sarà pubblicato il nuovo lavoro?
(Di Coste) Le tracce saranno dieci!
Continuate a fare come i Beatles, chi scrive canta? O ci sono delle canzoni che, magari, ha scritto uno ma le canta l’altro? Come vi organizzate in queste scelte?
(Palazzo) Per ora si, ma ci siamo promessi, un bel po’ di volte a dir la verità, di scrivere qualcosa a quattro mani con Garramone. Però, al di fuori della scrittura delle canzoni, il resto del lavoro è molto più sinergico visto che collaboriamo attivamente tutti all’arrangiamento e in studio partecipiamo con cori ognuno alle canzoni dell’altro.
(Garramone) Non si tratta di vere e proprie scelte, ma sì, quello che capita è che canta chi scrive. Su cori e rinforzi delle voci c’è però un lavoro totalmente libero e condiviso.
Il primo singolo, dunque è “Zodiaco”. È stata una scelta facile o c’è qualche altra traccia che avrebbe potuto essere la prima?
(Palazzo) Direi di sì, ma non perché le altre tracce del disco siano meno valide. Ci sembra che ‘Zodiaco’ fotografi bene cosa sono i Klaudia Call adesso e, quando facevamo ascoltare i pezzi agli amici, tutti la indicavano come la ‘hit single’. Che fa un po’ ridere la parola hit single riferita a “Zodiaco” visto che è una canzone mid tempo e in minore, quando adesso, invece, si tende a promuovere come singoli, brani che molto volentieri hanno contenuti testuali e musicali più leggeri. Un ragazzo ci ha scritto che è ‘bellissima ma è una hit senza senso’ e condivido il suo pensiero.
(Garramone) È una canzone che da subito ci ha trasmesso un’onda emotiva, non mi stupisce il fatto che sia all’interno della band, che fuori, la scelta del primo singolo sia stata proprio quella di “Zodiaco”.
Zodiaco è una sorta di vostro testamento?
(Palazzo) No, cosa te lo fa pensare? Speriamo di essere in pista ancora per molto tempo almeno fino a quando avremo voglia di esprimerci e comunicare con la nostra musica
(Di Coste) Più una ripartenza!
(Garramone) È solo il primo estratto di un disco di dieci canzoni in cui crediamo tanto.
Per chi non lo sapesse, “Zodiaco” è stato uno dei pub e punti di ritrovo della gioventù anni ’90 francavillese, un punto di riferimento, un luogo sacro e c’è da dire che oggi, posti come quello, sono davvero introvabili, il commercio si è mangiato anche i luoghi del sentimento, perché credo che questo sia stato quel pub, il primo posto fuori casa che è diventato casa. Cosa è successo in quel posto magico?
(Palazzo) È stato il nostro posto delle fragole, è stato tutto quello che hai scritto tu. Però lo “Zodiaco” è una scusa per raccontare uno stato d’animo, sentimenti universali che tutti possono fare propri o che hanno vissuto anche se non hanno idea di cosa sia stato quel posto.
C’è un verso che mi ha colpita in modo particolare, “un attimo e è passato, è finito ormai. Adesso ricomincia subito a mollarmi due schiaffoni, strattonarmi per la giacca in cambio di che dire, cosa fare”. È come uno scossone, un risveglio, un ritorno ad una realtà difficile, che chiede tanto, che chiede sacrificio. È giusta l’interpretazione a cui posso legarmi con la precedente domanda? Uscire fuori dallo Zodiaco era tornare al freddo? Alla vita reale spesso amara?
(Palazzo) È una lettura plausibile e intrigante. Ha un testo volutamente ‘aperto’ in modo da lasciare a chi ascolta la possibilità di farsi il proprio film in base a come vive e sente sua la canzone. Se emoziona, scuote, vuol dire che funziona.
Zodiaco, sogno, realtà. Le stelle c’entrano anche qualcosa? il destino?
(Palazzo)” Zodiaco” è piena di simbolismi, ognuno si può divertire a cercare i propri.
Ci raccontate qualche aneddoto sulla registrazione del nuovo singolo? È successo qualcosa di divertente? (della serie distorsore bye bye ☺).
(Di Coste) La cosa più bella e divertente è stata ‘zona rossa bye bye’ visto che ogni volta che fissavamo le registrazioni diventavamo zona rossa, durante la pandemia!
(Garramone) Penso al momento in cui l’ho ascoltato per la prima volta in macchina, appena usciti dallo studio di Nanni. Ho avuto un brivido e la sensazione di aver centrato perfettamente, tutti e tre insieme, l’obiettivo del brano.
Abbiamo avuto il piacere di vedere anche il video che accompagna la canzone “Zodiaco” girato con l’amico e regista francavillese ormai molto conosciuto Alessandro Zizzo. Il video è ideato da lui? Dove è stato girato? È toccante vedere il vecchietto che zappa la terra e ritrova una vecchia foto, la vostra di tanti anni fa, giusto? Quando si fa riferimento ai punti di rottura, nel testo, c’è un velo di rancore? Nel video c’è anche la partecipazione di Ernesto, il figlio di Sandro Palazzo e di una bellissima ragazzina, è un modo per dire che avete nostalgia del passato?
(Palazzo) Nella canzone, almeno nelle intenzioni, non c’è né rancore né nostalgia del passato. Il rancore caratterialmente non mi appartiene, la nostalgia è un sentimento bellissimo provarlo ogni tanto ma appesantisce… una mia amica, commentando la canzone, ha detto che avrebbe voluto ‘un raggio di sole in più’… per me c’è molta luce in ‘Zodiaco’ così come in tutto il disco, anche se può apparire scuro. Basta cercarla….
Alessandro Zizzo ci ha seguito con le sue riprese tra le campagne di Francavilla Fontana e San Michele Salentino e in un giardino bellissimo nella zona Peschiera sempre qui a Francavilla.
C’è un messaggio più particolare che il video vuole tramettere?
(Palazzo) È una domanda che dovresti fare ad Alessandro Zizzo, che ha curato sceneggiatura e regia. È il suo punto di vista sulla canzone e a noi garba parecchio.
Se volessi farvi qualche domanda generica, aldilà del nuovo lavoro, vi vorrei chiedere, avete mai litigato? Rischiato che il gruppo si sciogliesse? O ci sono stati momenti difficili, magari nel trovare etichette, collaborazione, fondi, che vi hanno portato a pensare di mollare?
(Di Coste) Litighiamo ogni giorno (ride), ma ci divertiamo così!
(Garramone) Litighiamo anche più volte al giorno, se è possibile!
(Palazzo) Bella domanda! Si scazza spesso perché ognuno ha la propria visione ma esclusivamente legata all’ambizione artistica, non soffriamo né subiamo altre aspettative. Sono in una band da quando avevo 15 anni ed è anche una bellissima palestra di vita, una seconda famiglia. Mi sento fortunato per questo.
Lo scorrere del tempo ha cambiato tutto, nonostante questo voi siete rimasti, avete resistito, siete ancora quei ragazzi che vent’anni fa suonavano allo Zodiaco. Ma se all’epoca fossero esistiti i talent, avreste partecipato a qualche selezione?
(Palazzo) Non è quello dei talent il nostro mondo. La musica non è uno sport, una competizione, ma arte e quindi non può essere messa ai blocchi di partenza come cavalli prima di una corsa; il legittimo desiderio di far conoscere la propria musica a più gente possibile non è sinonimo di ‘ansia di successo.
(Di Coste) I nostri talent, o meglio, i nostri sforzi per arrivare ad una vetrina, erano legati ad ‘Arezzo Wave’, ‘Mei’, ‘1° maggio’ ecc. Insomma, quei concerti che ti davano la possibilità di farti conoscere ad una platea più ampia senza essere in competizione anche se, alla fine, qualcuno vinceva.
Oggi è tutto così privo di basi solide, volatile, leggero in quanto senza struttura, la “musica pop corn” direbbe qualcuno, che passa in radio un mese e poi l’hai già dimenticata. Come vi ponete nell’ascoltare la musica moderna? È chiaro che ormai manca la trasmissione di una impronta a carattere culturale, è tutto solo apparenza. Lascia l’amaro in bocca tutto questo?
(Garramone) In giro si continua a scrivere belle canzoni, spesso grandi canzoni. Si tratta di non accettare solo quello che propinano i grandi network, di musica buona se ne continua a fare. Prendiamo il lato buono della diffusione musicale odierna: è più semplice accedere all’ascolto di ciò che nasce per rimanere “di nicchia”.
(Di Coste) Ascolto poca musica nuova, o meglio, mi colpisce poca musica nuova (intendo artisti mai ascoltati) appunto perché troppo figlia delle mode del momento. Qualche anno fa si spacciava per indie chi era mainstream solo perché indossava la camicia militare come facevamo noi a 15 anni.
(Palazzo) A me la musica pop è sempre piaciuta, ed esiste pop e pop. Poi entriamo in un campo minato, veramente soggettivo, dove ognuno dà un valore personale a quello che ascolta. Non ho preclusioni di alcun genere, se in radio passa una canzone che mi colpisce, ascolto. Non cambio stazione fino a quando non trovo Lou Reed, anche se di radio, sinceramente, ne ascolto pochissima.
Secondo voi le nuove generazioni, i ragazzini di oggi, suonano ancora nelle cantine, nei garage, o sono accecati dal tutto e subito e si rivolgono immediatamente a Maria de Filippi senza neppur sapere cosa sia l’arte, cosa sia l’artista, ma sono affascinati solo e soltanto dal personaggio?
(Di Coste) Non sono accecati, è la realtà. Ora non hai neanche bisogno di registrare il demo sulla musicassetta e spedirla in giro (il che aveva anche un costo notevole per dei ragazzini) come facevamo noi; basta cantare con una base sul pc davanti ad una webcam, caricare su YouTube e se sei fortunato diventi virale e ti conoscono tutti in due secondi e se sei bravo rimani. Altrimenti resti uno dei vari nomi impossibili e impronunciabili che svaniscono dopo poco.
Faccio una domanda direttamente a Sandro Palazzo: hai un figlio adolescente, Ernesto, lui che musica ascolta? La condividete? A te piace la musica che ascolta tuo figlio?
(Palazzo) Ernesto, giustamente, è figlio del suo tempo e ascolta la musica che lo fa sentire vivo e presente oggi, esattamente come noi da adolescenti ascoltavamo il grunge. Ci sono cose che mi piacciono molto tra la roba che sente Ernesto e altre per niente, ma non c’entra niente il boomerismo, è solo un fatto di gusti. Però vive in maniera totalizzante la musica e di questo ne sono felice. Non so se per aspetti ereditati o perché è cresciuto in una casa letteralmente sommersa di dischi e libri.
Questo inevitabile divario tra la vostra generazione e quella odierna, tutto questo cambiamento, vi fa soffrire?
(Palazzo) Personalmente, per niente. Nonostante viviamo un’epoca difficile e incerta, sono felice di stare in mezzo a questo casino chiamato mondo e ho molta fiducia nelle nuove generazioni.
(Di Coste) Mah, forse mi preoccupa più che altro.
C’è’ qualcosa in particolare che volete dire a chi ascolterà le vostre canzoni?
(Di Coste) Bravi fate bene e comprate il disco quando uscirà (ride).
Infinitamente grata alla band per la disponibilità e la bellezza della conversazione, ci tengo a sottolineare che la domanda inerente al testamento era una provocazione, un modo per capire quale sia la direzione del loro operare, pertanto ci auguriamo e vi auguriamo di fare ancora tanta strada tra accordi, pentagrammi, parole, rime e pensieri!
Non ci rimane che ascoltarvi!