Ripensare il territorio oltre gli stereotipi? Forse è possibile

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Sottosopra, il Podcast di Paesituoi.News – Puntata 02

Sottosopra è il Podcast di Paesituoi.News: i fatti, i retroscena, il sopra e il sotto dalla città di Francavilla Fontana: questa è la seconda puntata del 27 gennaio 2023.

“Non sai che porti la provincia dentro:
avverti le tracce che tieni strette
ovunque, nei gesti di tutti i giorni,
in questo sentirsi da sempre poco?
Lo dimentichi ma conservi casa,
un angolo poi l’altro, uno scorcio;
in fondo la strada è un riflesso
del paesaggio incontrato per primo.
Sai che la partenza ancora ti serve
a raggiungere degli oltre nel petto
mentre tutto si sfalda, prende forma
con ogni cosa che trovi al ritorno.”

(Domenico Carrara, Nel ripetersi delle cose)


In questi giorni di campagna elettorale, tra una jastema e un risentimento, mi piacerebbe che ci ponessimo anche degli interrogativi di più ampio respiro.

Tra fomentini e fomentati, recriminazioni, accuse e pétre-an-poscia, al pensiero rimane poco spazio.

Il riferimento non è alle proposte di un parcheggio qua, una pista ciclabile là, i rifiuti nelle campagne, le buche nelle strade, il traffico eccetera.

Duole registrare la mancanza, anche a voler essere attenti osservatori, di analisi, visioni e pensieri sul mondo che, volenti o nolenti, ci circonda.

“Ma le persone hanno ben altro a cui pensare!”, qualcuno dirà.

I versi in apertura fanno riflettere sulla nostra appartenenza – come città – al mondo della provincia, alle sue mille sfumature che, alla fine, lo rendono uguale a tutte le latitudini.

La chiusura claustrofobica, la difficoltà nelle relazioni, l’emigrazione, la povertà, lo spopolamento: quella “vita lenta”, ormai diventata un brand social, a volte troppo lenta, che non coincide con la lentezza della riflessione, ma più con l’inerzia fatalista.

Tra chi vorrebbe consolidare rendite di potere, chi nasconde l’inconsistenza politica dietro facili entusiasmi, chi cerca visibilità a buon mercato e chi ragiona col freno a mano tirato, i territori di provincia, com’è Francavilla, restano vittime del vuoto pneumatico.

La riflessione nasce dalla lettura dell’articolo I territori meritano nuove parole per raccontarsi, questa marketizzazione ha messo in ombra l’innovazione sociale. Principalmente dalla prima parte del titolo: i territori meritano nuove parole per raccontarsi.

Nell’articolo si cita il sociologo Flaviano Zandonai e in particolare la sua riflessione sulla necessità di una nuova narrazione dei territori. Una narrazione che vada oltre le campagne di marketing incentrate sui concetti di “tipicità” ed “eccellenze”, che vada oltre lo storytelling e aderisca sempre più alle “aspirazioni di chi il territorio lo fa, abitandolo”.

La tendenza ad appiattire il marketing territoriale su proposte ormai esauste, si legge, è dovuta al venire meno di “una serie di altre risorse legate alle comunità. Ad esempio insediamenti di natura produttiva o industriale, investimenti pubblici importanti, progetti di sviluppo territoriale, insomma tutti quegli elementi esogeni che stimolano la crescita. In questo caso uno dei modi per ripartire è sfruttare le variabili endogene, vale a dire le risorse interne. Un approccio giusto, che però si è spostato verso una definizione di prodotto in senso stretto che ha portato con sé concetti come quello di tipicità, eccellenza, valorizzazione che vengono veicolati attraverso strumenti propri del marketing, perdendo di vista quella dimensione più vasta e più profonda dei territori. È un meccanismo comprensibile nella sua origine, ma su cui forse ci si è lasciati prendere un po’ la mano, declinandolo in un senso esclusivamente promozionale e perdendo tutti i fondamenti di natura immateriale, culturale che vengono rappresentati in maniera stereotipata o funzionale solo alle esigenze di vendita di un territorio”.

Lo studioso pone l’attenzione su un aspetto fondamentale: “ai territori manca sempre di più una cornice istituzionale. Se ci pensiamo bene un territorio è fatto anche da diverse soggettività istituzionali – pubbliche soprattutto, ma non solo – che negli ultimi anni si stanno eclissando”.

La proposta, quindi, è quella di “decostruire gli immaginari creati ad arte” e contemporaneamente costruire, “riscoprire e ridare valore alle esperienze migliori, quelle capaci di dirci che cos’è oggi un territorio. E di solito tutte mettono al centro il Welfare, come elemento di spessore capace di fare da zavorra al rischio che il territorio si riduca a mero prodotto tipico da veicolare negli autogrill”, per disincagliare i modus operanti del ‘si è fatto sempre così’.

E il Welfare, qui, non si intende soltanto come servizi, “ma come comunità di persone, educante, di cura, che sta dentro le filiere di produzione, che è diffusa e connessa nei luoghi di vita dei territori, questo vale tanto nei piccoli paesi quanto nelle città. Potrebbe essere un modo per creare quel peso specifico rilevante, utile allo sviluppo territoriale, allontanando così il rischio di essere colonizzati dal primo sponsor che passa e che di certo agirebbe con superficialità sul locale”.

Una riflessione ampia, che travalica i confini amministrativi di un comune, che interseca le vite dei singoli e le reciproche interazioni e relazioni. Un punto di vista allargato, esteso e trasversale, con degli interrogativi apparentemente esistenziali ma allo stesso tempo estremamente concreti e quotidiani. In una parola, una direzione.

Parliamone.

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