In un’epoca come questa, parlare di cancel culture, per di più su scala locale, è terreno assai scivoloso. Chi ce lo fa fare?
L’intenzione è quella di entrare nel dibattito tirato fuori dal sempre solerte Gianni Cannalire sul Quotidiano in merito alla proposta di intitolazione di una via a Francesco Braccio, tra le altre cose medico e podestà di Francavilla Fontana. Per dire che no, non va bene.
Ricostruiamo brevemente i fatti.
La testa d’ariete della proposta è il professor Cosimo d’Amone che, già dal 2019, si è speso più volte attraverso richieste, petizioni e raccolte firme verso il Sindaco Denuzzo e la Commissione Toponomastica della città, che negli ultimi anni ha dato prova di performance importanti nell’intitolazione di vie, strade e piazze. Senza ancora ricevere una risposta.
Il granello di sabbia che avrebbe inceppato questo ben oliato meccanismo, secondo i rumors, sarebbe proprio il fatto che il Braccio abbia ricoperto incarichi importanti durante il ventennio fascista, fino al ruolo di podestà, la massima carica cittadina. Hai detto poco.
Nel caso di specie, il dottor Francesco Braccio, proveniente da un’importante famiglia patrizia francavillese, aveva prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale come ufficiale medico e, sempre nello stesso ruolo, nel 1936 era in Africa orientale durante la guerra coloniale, prima di ottenere l’incarico di podestà di Francavilla nel 1937.
In quello stesso anno, per fare qualche esempio, il 22 maggio nacque il Minculpop (lo strumento di propaganda del regime fascista), il 9 giugno i fratelli Carlo e Nello Rosselli furono assassinati su mandato di Galeazzo Ciano, nel settembre Benito Mussolini fece visita ad Adolf Hitler ammirandone l’esercito. L’anno successivo sarebbero state emanate le cosiddette leggi razziali. Di lì a poco il mondo sarebbe caduto nel baratro della Seconda Guerra Mondiale.
Il regime fascista permeava da più di dieci anni la vita pubblica e privata, soprattutto attraverso l’uso della violenza e degli abusi. Il fascismo francavillese non fu da meno. Numerosi furono i nostri concittadini deportati per motivi politici, com’è emerso da numerosi studi che da più di trent’anni raccontano le radici dell’antifascismo brindisino.
Braccio mantenne l’incarico fino al 1941 e, anche dopo la caduta del regime, com’è accaduto spesso agli uomini che avevano avuto incarichi di comando durante il ventennio fascista, ebbe la possibilità di ricoprire ruoli importanti in organizzazioni di natura sociale e sanitaria, dalla Congregazione di Carità alla Croce Rossa, dalle Ferrovie dello Stato alla presidenza dell’Ospedale Camberlingo. Fu insignito, inoltre, della stella d’argento al merito rurale, un riconoscimento che premiava gli agricoltori che avessero contribuito all’incremento dell’agricoltura nazionale.
Nella vulgata locale, riporta Cannalire sul Quotidiano, è ricordato come “il medico dei poveri” per via della sua opera.
La boutade verrebbe fin troppo facile: ha fatto anche cose buone.
E, tuttavia, questo finora non è stato sufficiente a fornire gli elementi per prendere una decisione sull’intitolazione di una via al medico podestà.
A sottolineare le presunte cause dell’indecisione della Commissione Toponomastica l’ex Senatore Euprepio Curto che, nel ripetere il solito refrain fascisti Vs comunisti, cita l’esempio dell’intitolazione di una via a Giorgio Almirante negli anni Ottanta e, anche nell’intenzione di bilanciare le cose, più recentemente ad Antonio Somma. In entrambi i casi, a detta di Curto, dalle fazioni opposte non ci sarebbero state levate di scudi ad ostacolare questi “monumenti alla memoria” di persone che, nel bene e nel male, sono state importanti per la storia di un paese.
Come se la storia fosse fatta col bilancino, con pesi e contrappesi, attenti sempre a non urtare la suscettibilità di nessuno. Quella semmai è la politica del consenso, quella tendenza democristiana a voler tenere il piede in due scarpe, che sfocia inevitabilmente nell’indifferenza e nell’incapacità, per dirla con Gramsci, di essere partigiani e di dire che essere fascisti e aver fiancheggiato il regime non è un aspetto secondario che si può ignorare.
Allora, volendo essere banali, prendendo a prestito le parole di Cicerone, “la storia è maestra di vita”: abbiamo già consegnato a futura memoria altri podestà e personaggi politici controversi, evitiamo di perseverare.