“Era passato ogni tragico vento di guerra, si era già in fase di ripresa quando fu iniziata la demolizione di quei tratti, che ogni privato cittadino se li era trovati ingombranti nel suo fondo, quei tratti della Muraglia del giardino delle delizie del palazzo degli Imperiali”.
(Rosario Jurlaro, Il giardino delle delizie a Francavilla 1)
Negli ultimi tempi si è sentito spesso parlare del giardino delle delizie di Francavilla Fontana come del luogo destinato a ospitare una nuova area mercatale e uno spazio attrezzato per eventi.
Ma cosa sia stato il giardino delle delizie, perché abbia questo nome e cosa c’entri con il quartiere chiamato Peschiera è una storia poco conosciuta e poco studiata.
In questa direzione, prezioso è stato l’incontro con il saggio Il giardino delle delizie a Francavilla scritto da Rosario Jurlaro e contenuto nel volume Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone a cura di P.I. D’Ancona, M. Spedicato.
Andando indietro nel tempo, sappiamo che il giardino alla fine degli anni Quaranta del Novecento conservava ancora quasi tutti i suoi aspetti originari e la grande muraglia che racchiudeva i circa 160mila metri quadri di terreno era ancora in piedi nella sua totalità.
L’accesso era permesso da un ampio portone proprio davanti al portone di ingresso sul lato nord di Palazzo Imperiali, all’inizio dell’attuale via Cavour.
A partire dagli anni Cinquanta, complici il tempo di pace, il benessere della ripresa economica postbellica e una relativa autonomia degli attori politici locali, la città ha vissuto un periodo di crescita economica ed espansione urbanistica che, a detta dello stesso Jurlaro, hanno provocato la perdita della maggior parte della muraglia di cinta del giardino delle delizie, lasciando ai posteri qualche scampolo di poche centinaia di metri nel lato nord che, a maggior ragione, conserva oggi la funzione di monumento e di documento storico.
Il giardino delle delizie: le origini
Storicamente sono state tre le destinazioni d’uso delle terre: libera, regolarizzata e privata. In questi tre utilizzi, si inserisce a metà strada quello feudale. In questo senso si può intendere la nascita del giardino stesso come “usurpazione demaniale e privata da parte dei feudatari” 2.
La muraglia di recinzione fu il completamento di una serie di trasformazioni strutturali volute dagli Imperiali al castello e alla città intera.
Il progetto di un parco che completasse e fosse di pertinenza esclusiva del castello era stato già delineato da Michele III Imperiali nel XVII secolo.
Ma fu il nipote omonimo, Michele IV, a completare e contemporaneamente stravolgere il progetto del nonno. Se quest’ultimo, più pragmatico, aveva provveduto a impiantare un mandorleto e altre colture da reddito, il nipote, succeduto al regno del feudo di Francavilla nel 1738, dal 1741 iniziò un’opera imponente di lavori.
“L’anno 1741 d’ottobre il sign. Principino ordinò e fece spianare tutto il giardino cioè tutti l’arbori dello mendolito vecchio e nuovo ed ancora lo Cupone con ‘l giardino appresso […] per farci il bosco. L’anno 1742 s’incominciò a fabbricare per murare detto luogo, e l’anno 1743, principiando di novembre e dicembre 1742, stando fabricando il murato, cominciò a far piantare tutto il marancino per mancarne parte al nuovo giardino chiamato Giardino delle Delizie, e finì di piantarlo di febraro 1743” 3.
Una vivida testimonianza dei cambiamenti culturali in atto nella corte degli Imperiali. Michele IV, infatti, sposò Eleonora Borghese, figlia del principe di Sulmona, e dall’ambiente romano e dalla corte di Napoli portò nella sua piccola residenza di Francavilla i grandi progetti delle corti sovrane, tra cui la realizzazione del parco alla romana come espansione all’aperto del palazzo.
Quel giardino è oggi tutt’al più nel ricordo delle persone più anziane ed è giunto fino a noi solo attraverso i frammenti della muraglia che lo chiudeva come “Eden del Signore” (nel senso del Principe), impedendone l’accesso e finanche la vista.
Jurlaro, infatti, fa notare come la muraglia stessa sia “l’espressione dell’arroccamento del nobiliare piacere” poiché costruita con i pilastri verso l’esterno, nelle terre altrui, e con un’altezza superiore alle sette linee di tufi regolamentari, il limite che definiva un confine invalicabile 4.
Il giardino delle delizie: origine del nome
Rosario Jurlaro formula un’ipotesi suggestiva. Egli infatti ipotizza che il nome ‘giardino delle delizie’ possa essere stato suggerito dal poeta Cataldo Antonio Atenisio Carducci, nato a Taranto da famiglia fiorentina, e autore della traduzione dal latino all’italiano dell’opera Delle delizie tarantine di Tommaso Nicolò d’Aquino.
Nella dedica in versi al principe Michele IV Imperiali si legge:
Bel fu lui scorgere intento al culto
del suo superbo pomier domestico
ricco di ogni estero innesto adulto.
Una chiara rappresentazione del ‘principino’ intento nella cura del suo superbo giardino, ricco di arbusti e piante provenienti da ogni dove.
Il giardino delle delizie: caratteristiche fisiche e origine del nome Peschiera
La muraglia di cinta chiudeva l’area di “venti tomola” (poco meno di due ettari) di privato godimento per i ricchi e i nobili della città.
Con fatiche faraoniche furono scavate piscine che sembravano laghetti, fu piantato il bosco per la cacciagione e gli agrumeti per l’ombra d’estate, l’odore della zagara in primavera e i colori dei frutti in autunno e in inverno.
Una fascia boschiva cingeva il perimetro, e la superficie era delimitata da viali di agrumi e piante esotiche. All’interno, per il godimento di pochi, c’erano i maneggi dei cavalli e la grande vasca, detta peschiera.
La peschiera impressionò la fantasia popolare a tal punto da cancellare il ricordo di ogni altra delizia per indicare con quel nome, Peschiera, il quartiere a nord del Castello.
Il giardino delle delizie: l’inizio della fine di un’epoca
La fine dell’età feudale per Francavilla non avvenne a causa degli strappi della storia, ma per ragioni dinastiche: nel 1782 Michele IV Imperiali morì senza eredi, nel 1785 il feudo divenne di proprietà demaniale e fu dichiarato città nel 1788.
La nobile e benefattrice Marianna Giannuzzi acquistò proprio dal demanio il giardino delle delizie per avere cospicue rendite da devolvere all’ospedale locale in modo che “luoghi di delizie principesche divenissero patrimonio dei poveri” 5.
Ora non lo sono più e la storia successiva è scritta negli atti di compravendita, di donazione e successione degli archivi notarili e nelle conseguenti fasi di modifiche urbanistiche e speculazione edilizia.
Non è facile stabilire i tempi della lottizzazione dell’area che comprende anche la superficie occupata un tempo dal giardino delle delizie. In ogni caso, a partire dagli anni Cinquanta, villette bifamiliari, palazzi di cinque piani, scuole, luoghi di culto, attività commerciali e uffici pubblici sono cominciati a spuntare qua e là.
Un’ultima testimonianza a livello urbanistico dell’ormai perduto giardino delle delizie è tuttora visibile nella strana forma degli edifici “incastrati” tra via Barbaro Forleo e via Alcide De Gasperi: l’andamento semicircolare, infatti, segue perfettamente il perimetro di accesso al giardino.
Negli anni Ottanta il trasferimento del mercato del sabato ha dato ulteriore spinta allo stravolgimento della zona: un mercato dalle dimensioni molto importanti che conserva ancora oggi una caratteristica dei mercati di un tempo, ossia lo svolgersi sulla pubblica via, causando sempre maggiori disagi alle migliaia di persone che vivono in quell’area.
Ora, con il progetto di trasferimento dell’area mercatale all’interno dell’ultima parte rimasta di giardino delle delizie, sicuramente chi vive il disagio delle limitazioni dovute al mercato settimanale tirerà un sospiro di sollievo, mentre quella parte sfuggita per miracolo allo stravolgimento urbanistico si appresterà a vivere una nuova fase di cambiamenti e, come si usa dire in questi casi, la valutazione spetterà ai posteri.
Note:
[1] Rosario Jurlaro, Il giardino delle delizie a Francavilla, in AA. VV. Nei giardini del passato. Studi in memoria di Michele Paone a cura di P.I. D’Ancona, M. Spediacato, Edizioni Grifo, Lecce 2011, p. 388
[2] Eugenio Travaglini, I limiti della foresta oritana in documenti e carte dal 1432 al 1809, Edizioni Salentina, Galatina 1977 in R. Jurlaro, op. cit.
[3] Libro di memorie di Giuseppe e Nicolò Forleo, manoscritto dell’Archivio Argentina
[4] R. Jurlaro, op. cit., p. 394
[5] Ibidem